(IN)ATTUALITÀ del PENSIERO CRITICO
Seminario permanente Anno 2016
Margherita de Giorgi
Desiderio, rivolta, follia.
“La danza delle tenebre”, o il butō in Giappone
Metamorfosi di pelle, metamorfosi dell'”Io”
Il butō di Carlotta Ikeda
Potrà apparire bizzarro che il Seminario permanente sull’(In)attualità del pensiero critico, dopo essersi lungamente occupato di Michel Foucault, abbia deciso di ospitare due incontri dedicati alla danza. Lo sarà di meno se si considera che la danza è esperienza antica quanto la storia dell’umanità, espressione in ogni epoca e in ogni società di un modo d’essere e di vedere se stessi, l’altro, il mondo.
Danze popolari o tragiche, processioni della Settimana Santa, danzatori posseduti dal dio, dallo spirito, dalla taranta, danze rituali o celebrative, ludiche o militari, danze d’amore o di rapimento, di estasi o di morte… una sequenza infinita di gesti scrive sul nulla dello spazio gli affetti degli uomini, le loro credenze e le loro passioni. “Un’antropologia – il progetto di esplorare la condizione umana in quanto tale – non può nemmeno cominciare senza porsi la questione, cruciale, della danza. Spesso si scopre un popolo accostandosi con stupore al suo modo di danzare” (G. Didi-Huberman, 2006).
E’ a partire dalla fine dell’800 che una riflessione intorno alla danza comincia a svilupparsi, fino a inscriverla nelle svolte più rilevanti del XX e del XXI secolo. Lo testimonia una ricca produzione letteraria, filosofica e musicale (H. Hofmannsthal, R. M. Rilke, C. Debussy, E. Husserl, M. Merleau-Ponty). Sono i “filosofi-poeti” – in particolare S. Mallarmé, P. Valéry, F. Nietzsche, W. F. Otto – ad intuire che poesia, danza e filosofia debbono essere considerate affini: tutte e tre esplorano le verità sconosciute – l’invisibile – dell’essere umano, cercando di catturarne un frammento al di là dei limiti che a ciascuna di esse si impongono.
Ecco allora che, nell’ottica di un pensiero aperto, appassionato dalla pluralità delle voci, mosso dalla sua stessa inquietudine, desideroso di abbattere gli steccati e avventurarsi al di là del sentiero, impaziente di immergersi nei labirinti dell’arte sapendo che essi saranno in grado di illuminare quelli della malattia e della sofferenza … ecco che non potevamo non incrociare la danza. Per P. Valéry la danza è azione filosofica, potenza che fa di ciascun passo una “interrogazione” sull’essere. Il corpo danzante trascende opposizioni e dualismi e, oltrepassando la soglia sulla quale la parola si arresta, apre l’orizzonte di un pensiero incarnato, dove corpo e pensiero sono uno.
L’incontro con la danza è una necessità. Ed è per questa ragione che ci avvicineremo al butō, l’enigmatica “danza delle tenebre” nata nelle avanguardie artistiche giapponesi nella seconda metà del XX secolo.
Angela Peduto
Scarica qui la locandina dell’evento del 9 maggio
Scarica qui la locandina dell’evento del 13 giugno
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